Dopo l'uscita dell'album “Somewhere Between Heaven and Hell” (Epic Records, 1992), i decani dell’hardcore punk californiano Social Distortion si concessero una pausa a causa di cambi di formazione e svariati problemi. Ma tempo quattro anni e ci fu il ritorno in grande stile con "White Light White Heat White Trash" (Epic Records, 1996), parodia e/o omaggio a “White Light/White Heat” (Verve Records, 1968) dei Velvet Underground.
In questo disco riemergono quelle antiche radici hard rock e punk, pur restando qualche reminiscenza del sound rockabilly che aveva caratterizzato i tre lavori precedenti: “Somewhere Between Heaven and Hell”, “Social Distortion” (Epic Records, 1990) e “Prison Bound” (Restless Records, 1986). Senza dubbio abbondano riff di chitarra granitici, drumming veloce e la voce roca e aggressiva del frontman Mike Ness. La tracklist presenta alcune canzoni abrasive (Don't Drag Me Down), ma anche brani più lenti ed emotivi come I Was Wrong. L'unico cambiamento importante nella line-up è la partenza del batterista di lunga data Chris Reece. Deen Castronovo ha registrato la batteria sull'album, anche se il veterano Chuck Biscuits (DOA, Danzig, Circle Jerks) viene elencato nelle note e ha suonato con la band nei tour successivi alla DI grande impatto iniziale Dear Lover, segnata da una batteria forte e martellante, che fa sentire la presenza costante di Chuck e presenta un piccolo assolo di chitarra di Denis Danell. A seguire, una delle tracce più memorabili assoluto della band dell’Orange County, ovvero Don't Drag Me Down. Il brano si apre con il ritmo di batteria decisamente sostenuto, seguito da una linea di basso pesante e poi, dopo uno slide di chitarra, arriva il caratteristico riff esplosivo che sarà la chiave della canzone. Qui abbiamo una delle migliori performance vocali, soprattutto nel ritornello cantato con intensità e attitudine, e in un testo pervaso da impegno sociale e politico (Ignorance like a gun in hand/Reach out to the promised land/Your history books are full of lies/Media-blitz gonna dry your eyes/You’re 18, wanna be a man/Your granddaddy's in the Ku Klux Klan/Taking two steps forward and four steps back/Gonna go to the White House and paint it black.) La terza traccia Untitled è marcata da un tempo costante e più pacato, dove il testo richiama le esperienze significative e personali di Mike. Questo è anche l’episodio più lungo del disco, che raggiunge quasi i cinque minuti. Segue la canzone all’epoca divenuta più popolare: I Was Wrong. Si tratta di un brano piacevole e di spicco, forte di uno storytelling incentrato su quanto il leader del gruppo ha compiuto di sbagliato nel corso della sua vita. Through These Eyes e Down On The World tornano a pigiare il piede sull’acceleratore, mentre in When Angels Sing passano in rassegna tutti gli amici più cari che non ci sono più. Gotta Know The Rules si fa ricordare per la solidità e per un coinvolgente solo di chitarra.
Verso la chiusura della scaletta Crown of Thorns parte con un giro orecchiabile, poi entrano in scena batteria e basso, e dunque la voce impegnata in una moltitudine di gamme vocali. La decima traccia è Pleasure Seeker dai toni più cupi, mentre Down Here (With The Rest of Us è sicuramente la più lenta delle dodici. Infine, avendo i Social Distortion tra le proprie influenze i Rolling Stones, decidono di congedarsi con la cover di Under My Thumb, inclusa come bonus track. Tale brano era stato originariamente coverizzato dalla band agli esordi (circa 1981) ed incluso nella compilation di b-side e rarità intitolata “Mainliner: Wreckage From The Past” (Time Bomb Recordings, 1995). Registrata nuovamente per l’album in oggetto, tale ulitma versione è assolutamente straordinaria. Dopo un’intro morbida e fuorviante, il passo cambia repentinamente e si trasforma in uno degli episodi più veloci e aggressivi che i Social Distortion abbiano mai creato.
Complessivamente un album solido e senza inutili filler. Nel contesto degli anni 90 e primi 2000, testimone di un grande revival punk in chiave pop con gruppi come Green Day e Sum 41, il ritorno alle origini di una band protagonista della prima ondata hardcore fa sicuramente bene al cuore ai timpani degli appassionati. "White Light White Heat White Trash” riporta direttamente alla memoria, seppure con le dovute differenze nel sound, il primo iconico LP “Mommy's Little Monster” (13th Floor Records, 1983). Proprio per questo motivo, può essere idealmente consigliato come primo approccio a questo gruppo fondamentale prima di approfondirne la discografia e scoprire l’importanza del suo leader Mike Ness.
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