Per me da sempre appassionato di cinema, il contatto con il mondo della letteratura passa spesso per i riadattamenti su celluloide di grandi classici su carta. È stato così per “Misery” di Stephen King e “1984” di George Orwell, ovvero in entrambi i casi ho letto prima prima i libri appositamente per meglio godere delle versioni cinematografiche rispettivamente dirette da Rob Reiner e Michael Radford. Tale esperienza non è ancora avvenuta nel caso di James M.Cain (1892-1977), originario del Maryland e autore di romanzi di successo in stile noir e poliziesco. Sua opera più celebre senza dubbio “Il postino suona sempre due volte” (1934), dal quale sono stati tratti due importanti film come “Ossessione” di Luchino Visconti (1943) interpretato da Clara Calamai e Massimo Girotti, e l’omonimo diretto nel 1981 da Bob Rafelson con protagonisti Jack Nicholson e Jessica Lange. Tuttavia la la conoscenza di Cain mi ha portato alla lettura del suo ultimo libro “La ragazza dei cocktail” (2012).
“The cocktail waitress” è un’opera pubblicata postuma e scritta nel 1975, ovvero due anni prima della morte dell’autore. Doveroso menzionare il lavoro dell’editore Charles Ardai, che è riuscito a recuperare gli scritti e assemblare il racconto, restituendo ai lettori l’opportunità di conoscere l’ultima fatica di Cain. Nonostante la sua fama di scrittore hard-boiled, il romanzo in questione è decisamente soffuso e gentile. Un noir al femminile che vede protagonista la giovane e affascinante vedova Joan Medford, proveniente da una famiglia alto borghese della Pittsburgh anni sessanta e rinnegata dai genitori per scelte non condivise, che la portano a diventare una madre poco più che adolescente. In seguito ad un furioso litigio e all’ennesima bevuta, il marito di Joan muore a causa di un incidente stradale. Il funerale le permetterà di conoscere Tom Barclay, uomo spregiudicato e seducente, ma inconcludente nella vita. Il sergente di Polizia Young, colpito dalla sua bellezza e impietosito dalla condizione economica, che le fa perdere temporaneamente la custodia del figlio Tad in favore degli zii paterni, le consiglia di lavorare come cameriera presso il locale Garden of Roses. Servirà invece alcolici al bar e si troverà di fronte all’occasione della sua vita: l’anziano e ricco Earl K. White III, facoltoso amministratore d’impresa. Joan, divisa tra la passione per Barclay e la sicurezza che le darebbero eventuali nozze con White, giocherà le sue carte per uscire dall’impasse e riabbracciare il piccolo Tad, il quale ha già alle spalle i traumi collegati al deceduto padre alcolista e violento. Benché determinata e con le idee chiare, gli imprevisti e le difficoltà sono dietro l’angolo per Joan.
La caratterizzazione di questo personaggio, tanto fredda manipolatrice quanto madre affettuosa economicamente sul lastrico, fa sì che diventi subito un’eroina nella quale immedesimarsi. Il racconto scorre leggero come una piuma, parola dopo parola la scalata di Joan diviene sempre più incalzante fino al colpo di scena finale. Passando in rassegna i capitoli, la memoria mi fa tornare in mente un film del 2000, quando avevo solo quattordici anni, ovvero “Le ragazze dl Coyote Ugly” del regista David McNally. Si tratta di una commedia senza infamia ne lode, lontana dalla storia in oggetto, ma che rende bene l’atmosfera propria di un night club (nell’accezione anglosassone) e le situazioni che lì si possono verificare. La colonna sonora del film è impreziosita dall’iconico brano degli INXS “Need You Tonight” (1987), il quale ben si presterebbe come sottofondo delle serate al Garden of Roses, durante le quali Joan pianifica le sue mosse e tra un drink e l’altro diviene oggetto del desiderio dei due uomini che a lei ambiscono.
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