Come appassionato di musica e fan di Iggy Pop, al secolo James Newell Osterberg Jr., appena venni a conoscenza dell’uscita nelle sale cinematografiche di un documentario sugli Stooges, scritto e diretto poi da un regista iconico come Jim Jarmush, fui colto da emozioni contrastanti. Tornando a quella primavera del 2017, l’entusiasmo di vedere sul grande schermo uno dei miei idoli con la sua band storica e più importante fu alle stelle, percependo anche una certa naturalezza nel sapere proprio Jarmush a monte di tale operazione. D’altro canto, avevo qualche dubbio sul ritratto che un prodotto del genere avrebbe restituito del gruppo, e chiaramente anche dei suoi membri con le loro vite uniche e straordinarie ma tremendamente complicate.
Si potrebbe parlare per ore del coinvolgimento di questo regista nell’ambito del rock alternativo statunitense, anche da musicista (voce, chitarra e tastiera), e di come ciò fosse già palese nelle scelte musicali nei suoi lungometraggi. Basti pensare che Jarmush aveva già diretto “Year of the Horse” nel 1997 documentando un concerto di Neil Young con i Crazy Horse, il quale a sua volta due anni prima aveva composto lo score del film sempre da lui diretto “Dead Man” (1995), dove recita guarda caso anche Iggy Pop. Osterberg è di fatto un beniamino del cineasta, poiché appare anche in “Coffee and Cigarettes” (2003) e “I morti non muoiono” (2019). Ogni perplessità venne però meno sin dai primi fotogrammi, che rendono subito l’idea di quanto si tratti di un’opera sentita per l’autore e di come il suo protagonista principale abbia collaborato in modo sincero e spontaneo. I ragazzi di Detroit, insieme a Iggy oggi unico sopravvissuto, furono il chitarrista Ron Asheton (1948-2009), suo fratello batterista Scott Asheton (1949-2014) e il bassista Dave Alexander (1947-1975). Senza ombra di dubbio una delle formazioni più intense nel panorama rock degli anni sessanta e settanta, dimostratisi seminali per le evoluzioni successive del genere. Tanto per menzionare dei gruppi che da essi hanno tratto ispirazione, si parla nello stesso film dei Sex Pistols e dei Sonic Youth.
“Gimme Danger”, dall’omonimo brano dell’album “Raw Power” (Columbia, 1973), ripercorre la carriera degli Stooges con varie interviste a un Iggy Pop narratore articolato e arguto. Ci sono anche momenti dedicati a registrazioni del passato con gli altri membri della band, in particolare i fratelli Asheton, il sassofonista Steve Mackay e il successivo chitarrista James Williamson. Immancabili chiaramente i frammenti dei concerti, come anche spezzoni televisivi e cinematografici d'archivio e animazioni firmate James Kerr. Jarmusch si focalizza sulla storia del gruppo, originariamente Psychedelic Stooges, che dopo un inizio traballante ottengono un contratto con la Elektra Records anche grazie al supporto di un’altro complesso epocale di Detroit, ovvero gli strabilianti e politicizzati MC5. Sotto questa etichetta vengono realizzati due album innovativi e incendiari, “The Stooges” (1969) e “Fun House” (1970), e in seguito grazie a David Bowie e al suo manager Tony DeFries vedrà la luce il terzo già citato “Raw Power”. La cronologia vede dunque il loro scioglimento nel 1974, con le storie dei membri che prenderanno strade diverse per poi ritrovarsi nel 2003 con la reunion e il conseguente album “The Weirdness” (Virgin, 2007), prodotto da Steve Albini e con al basso il decano Mike Watt (Minutemen, fIREHOSE).
Al termine della proiezione la sensazione che ebbi, tuttora resta la medesima, sul documentario in oggetto fu quella di un ritratto di famiglia. Bisogna senz’altro volgere lo sguardo altrove per carpire la quintessenza del Jarmush regista, ma come già detto la musica è un aspetto fondamentale della sua arte, e apprezzarne la professionalità al servizio di un’icona del rock aiuta ad abbracciare a tutto tondo la sua filmografia. “Gimme Danger” è un omaggio agli Stooges, ne ricostruisce il percorso e fa rivivere i protagonisti che non ci sono più. Verrà spontaneo dopo la visione riascoltare i loro album e perchè no consigliarl per tenerne viva la memoria, magari facendoli conoscere a chi ne ignora l’esistenza.
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